Fatto a mano con amore… o no?

Fatto a mano, assemblato, stampato, microfuso, elettrofuso

I modi e le tecniche per realizzare un gioiello sono tanti e tutti validi. L’appropriazione indebita no. Partendo proprio dal presupposto che ognuna coi suoi soldi ci fa ciò che vuole, credo sia sentimento comune voler almeno evitare di pagare come “fatto completamente a mano” la rivendita di articoli acquistati su siti economici come Aliexpress, Shein, Alibaba ecc ecc.

fig.1 anello in vendita su Aliexpress a meno di 3€fig.2 lo stesso anello rivenduto su Etsy al 1000% (mille percento, sì)

Ma come si capisce senza fare studi approfonditi di lavorazione del gioiello?
Un metodo utile è Google lens. Inquadri un prodotto con l’app (o fai lo screenshot di un articolo che vuoi acquistare) e ti appare una ricerca immagini simili che spesso ti porta proprio alle pagine di shopping sopra citate (fig.1 e 2).

Ad esempio su piattaforme come Amazon Handmade o Etsy, il marketplace che utilizzo principalmente per arrivare a clienti di tutto il mondo, i negozi di dropshipping (negozi senza magazzino che vendono e incassano in un Paese ma poi fanno spedire la merce da magazzini perlopiù asiatici per via dei bassi costi) stanno diventando un serio problema poiché riescono a ottenere posizionamenti e vetrine in alto a discapito di chi fa artigianato.

Questa doveva essere la premessa ma mi sono persa ed è venuto fuori già un primo mezzo utile. Quale è l’altro? Leggi più sotto.

Riconoscere un gioiello fatto a mano da uno che non lo è non è semplicissimo. Specie se chi si avvale di prodotti già finiti ha maggiori risorse di tempo e soldi per lavorare con la comunicazione, fotografia, presentazione e SEO su piattaforme nate per la vendita di artigianato autentico, sfruttando quindi questa nicchia di clientela e facendo concorrenza ai veri artigiani battendoli su tempi e prezzi.

Il secondo indicatore su cui prestare attenzione riguarda proprio il rapporto coi prezzi: frequenti vendite promozionali spesso in combo con spedizione gratuita.
Considerando che le piattaforme di vendita online trattengono circa il 18% del totale e che la spedizione gratuita la state in realtà già pagando con la merce, facendo due rapidi calcoli, su un gioiello “artigianale” venduto a 27€ rimangono al venditore 16€ che includono i costi fissi (utenze, affitti, tasse) i materiali (argento) e la manodopera.

E questo, se si lavora in maniera artigianale, non è proprio sostenibile (specifico che parlo in base alle mie conoscenze ed esperienze). Può esserlo se si fa commercio ma in questo caso, appunto, cambia tutto e sta roba non dovrebbe trovarsi né su Etsy, né su Amazon handmade e simili, né in profili social costruiti ad arte con tanto di foto e reels in set fotografici raffiguranti banchi, pinze, fiamme e altri utensili sempre intonsi. E qua ritorniamo all’appropriazione indebita che ho inserito in apertura e che sì, mi fa rabbia perché mina un’intera categoria di lavoratrici/ori alla quale mi sento di appartenere con tanto orgoglio.

Fare commercio non è illegale e non è nemmeno una cosa di cui vergognarsi. Perché non essere quindi onesti con l’utilizzo di una comunicazione coerente? In fondo anche per fare commercio serve occhio, studio, selezione. So che viaggerei in mondi utopistici nel pretendere questa correttezza, mi faccio quindi una camomilla e mi limito a ciò che posso fare scrivendo, condividendo e impegnandomi al meglio nel mio lavoro.